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mercoledì 21 settembre 2011

Migliaia di "indignados" protestano a Rio de Janeiro




Scope verde-oro per spazzar via la corruzione dalle strade di Rio de Janeiro. Gli indignados brasiliani sono scesi in piazza nella metropoli per protestare dopo lo scandalo che ha portato alle dimissioni di ben quattro ministri in tre mesi. "Questa serve a mandare via i corrotti - ha detto una donna scesa in piazza - per cacciarli dal congresso, dal senato e dalla camera dei deputati. Queste persone non sanno far altro che derubarci". Secondo uno studio recente dal 2002 al 2008 la corruzione è costata al Brasile 23 miliardi di dollari. "Nel mio Paese le leggi riguardano solo i poveri - ha detto quest'uomo - Se uno ruba della carne perché sta morendo di fame, saranno applicate tutte le leggi contro di lui. Se al contrario sparisce il denaro pubblico o il petrolio, in quel caso esistono mille modi per aggirare la legge".

martedì 20 settembre 2011

In Brasile il 41% appoggia il riconoscimento dello Stato palestinese ma molti sono i contrari





Ricerca in 19 Paesi indica un sostegno con un margine ristretto allo Stato palestinese

 

Il 49% vuole che i propri Governi riconoscano lo Stato ma ci sono molti oppositori ed indecisi

 

Mentre fervono i preparativi per l’Assemblea Generale dell’Onu, in cui i palestinesi devono chiedere il riconoscimento come Stato indipendente, una ricerca del Servizio Mondiale della BBC in 19 Paesi mostra che, in media, i popoli vogliono dai propri Governi una risoluzione a favore dell’indipendenza palestinese. Tuttavia, questo sostegno ha un margine ristretto.

 

Delle 20.446 persone intervistate dall’istituto di ricerca GlobeScan nei cinque continenti, il 49% ritengono che i loro paesi dovrebbero appoggiare la risoluzione rivendicata dall’Autorità Palestinese, riconoscendo la Palestina come un membro pieno dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Tuttavia il 21% degli intervistati vogliono che i loro governi si oppongano al riconoscimento. Gli altri, il 30%, sono indecisi: credono che l’appoggio dipenda da altri fattori, pensano che i loro governi devono astenersi nella votazione o non sanno che atteggiamento i loro governi dovrebbero tenere.

Il maggiore sostegno al riconoscimento palestinese si riscontra in Egitto (90% a favore e 9% contro) ed in altre nazioni a maggioranza musulmana (Turchia, con 60% a favore e 19% contro; percentuali simili si riscontrano in Pakistan ed in Indonesia).

Anche in Cina c’è grande enfasi sul riconoscimento dello Stato palestinese: 56% lo appoggiano e solo il 9% si oppone.

La resistenza maggiore si è riscontrata negli Stati Uniti (45% a favore e 36% contro) ed in India (32% a favore e 25% contro, oltre ad un alta percentuale di indecisi). In Brasile il 41% lo appoggiano, ma il 26% si oppongono.

Nelle Filippine, c’è un alto indice di appoggio (56%), ma anche un rifiuto significativo (36%) al riconoscimento.

 

Riconoscimento contro ripercussione

 

«Se i cittadini dei paesi avessero un voto nell’Assemblea Generale dell’Onu, la ricerca suggerisce che la Palestina otterrebbe il riconoscimento ufficiale delle Nazioni Unite», ha commentato il presidente di GlobeScan, Doug Miller.

 La ricerca è stata realizzata tra il 3 luglio ed il 29 agosto, attraverso interviste telefoniche o personali nei seguenti paesi: Canada, Stati Uniti d’America, Messico, Brasile, Cile, Perù, Turchia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Russia, Egitto, Cina, Filippine, Pakistan, Indonesia, Australia ed India.

Il margine di errore oscilla tra un minimo di 2,1 ed un massimi di 3,5 punti percentuali.

martedì 13 settembre 2011

Dilma Vana Rousseff Linhares


Oggi parliamo di un personaggio salito prepotentemente agli onori della cronaca da quando il Messianico Luiz Inácio Lula da Silva la scelse come sua successora alla carica di presidente della Repubblica Federale del Brasile.
Personaggio alquanto controverso, negli ultimi anni ridotta ad ameba per poi venire utilizzata in varie funzioni, che ricopriva con assoluta incompetenza.
Proprio questa sua incompetenza, questa sua facilità ad essere dominata da una qualsiasi corrente nel fondo dello stagno dove si trovava, la fece apparire interessante al Messianico, che sapeva di poterla usare a suo piacimento, come una bambola gonfiabile, che dopo l’uso viene sgonfiata e nascosta, perché ci si vergogna a mostrarla.
Per questa ragione il duo Lula/Dilma, seguita da pubblicitari di grido e piazzisti, hanno prosciugato le casse del Tesoro per finanziare una campagna elettorale stratosferica, facilitati nell’opera da una stampa imbelle ed asservita nella sua quasi totalità. Le poche testate contrarie venivano tacitate con mezzi poco ortodossi.
Alla fine, dopo aver usato la faccia del Presidente della Repubblica per appoggiare apertamente uno dei candidati, e pagando tutte le enormi spese sulle spalle del popolo bue, la coppia, con una risicata maggioranza, vedeva coronato il loro sogno.
Ma chi è questa Dilma Vana Rousseff Linhares, nelle cui mani, il popolo brasiliano ha posto il suo destino, il suo futuro?
Dilma Vana Rousseff Linhares nasce a Belo Horizonte, moderna capitale dello stato di Minas Gerais, figlia dell’avvocato e imprenditore bulgaro Pedro Rousseff e della casalinga fluminense, originaria di Nova Friburgo, Dilma Jane Coimbra Silva. Si sposò con Cláudio Galeno de Magalhães Linhares, da quale si separerà.
Ma Dilma visse in un periodo di forti turbamenti nel mondo, erano i famosi anni 60 e 70, quando in Brasile si era instaurata una dittatura militare, che, anche se in modo brutale e illegale, salvo il paese dalla sua cubanizzazione.
Cubanizzazione auspicata dalla Dilma e dai suoi compagni, come Jisé Dirceu e Minc, di cui qui non vado a descrivere le malefatte, ma messa in opera con attentati, rapine, omicidi e sequestri vari. Dulcis in fundo, a dittatura terminata, la Dilma ebbe la sfrontataggine di chiedere i danni per il periodo trascorso in prigione. Danni che lei non ha sicuramente pagati alle persone che ha sequestrato e ucciso. La faccia tosta non ha limite.
Vediamo alcuni spezzoni di storia, che vedono la Dilma Vana Rousseff come parte attiva:
Mário Kosel Filho nacque il 6 luglio del 1949, a San Paolo, era figlio di Mário Kosel e Therezinha Vera Kosel. Si prestava ad aiutare tutti. Faceva parte del Grupo Juventude, Amor, Fraternidade, fondato dal padre Silveira, della Parrocchia Nossa Senhora da Aparecida, nel bairro di Indianópolis, del quale facevano parte più di 30 giovani.
I simboli del gruppo erano una rosa e una chitarra, ed erano stati disegnati dal Mário Kosel, che era soprannominato Kuka. Fceva parte della 5ª Companhia de Fuzileiros del 2º Batalhão, nel 4º Regimento di Infantaria Raposo Tavares. A Quitaúna ebbe la sua vita brutalmente interrotta, all’alba del 26 giugno 1968, in un attentato terrorista vile e codardo, posto in pratica da un gruppo di estrema sinistra, formato da diverse persone che oggi ricoprono cariche pubbliche: Vanucchi, Minc, Zé Dirceu, Tarso Genro, José Genoíno e Dilma Rousseff, che era una delle due donne che stava nell’autovettura dalla quale buttarono la bomba addosso a Kosel, che morì senza senza la minima possibilità di difesa, poiché stava di spalle verificando se c'erano feriti tra gli occupanti di un’auto, raggiunta da colpi di fucileria. Chissà se il corpo ridotto a pezzi di Kosel torna negli incubi della Dilma Rousseff, io credo di no. I mostri non hanno incubi.
Quali sono i sentimenti di una persona nel vedere i suoi simili soffrire sotto tortura, o ridotti in brandelli, solo per tentare di imporre il comunismo cubano nel Brasile??
Lasciamo da parte il seguito criminale della novella presidente, e passiamo al suo periodo commerciale. Ma prima di passare a questa ridicola avventura dobbiamo ricordare del perché si dette al commercio.
Perché il Partito dos Trabalhadores, al governo nel Rio Grande del Sud, l’aveva dimessa (licenziata in tronco) per incompetenza. Quindi grazie ai soldi del secondo marito si lancia nel commercio di prodotti importati. L’attività venne inaugurata nel 1995 e dopo solo quindici mesi dovette chiudere in perdita secca, suo marito perdette un mucchio di soldi per pagare i debiti.
La promettente attività della Dilma commerciante era un negozio del tipo "tutto per R$ 1,99", genere di commercio ben noto agli aficionados brasiliani. Sono negozi che acquistano oggetti a bassissimo costo e poi li rivendono a R$ 1,99. Una bazzecola. Di questi negozi ne esistono migliaia in tutto il Brasile. Ma credo che l’unico che falli è stato quello della Dilma, dopo il suo fallimento come commerciante è tornata di corsa nell’apparato statale, dove l’unico cliente è il partito e dove nessuno perde i soldi.
Stranamente la storia dei prodotti cinesi non appare nella sua biografia, ben spurgata di tutti quei fatti che potrebbero macchiare la verginità della pulzella di Belo Horizonte.
Il fallimento dell’impresa, però rivela la vera natura di Dilma Roussef, ossia ella esiste come mero accessorio del PT, proprio come i sabotatori della receita Federal che violarono gli archivi e pubblicarono i documenti della figlia del suo avversario alla corsa presidenziale, José Serra.
Il Brasile è in vendita per R$ 1,99. O chiudiamo le porte a Dilma Roussef, o lei chiuderà le porte del Brasile, trasformandolo in una gigantesca Cuba.