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giovedì 5 maggio 2011

Il Brasile sovvenziona la “lotta all’omofobia” nelle scuole. E l’Unesco lo elogia.

Illustrazione dell'Unesco "I miei due padri"


“Attenzione genitori di alunni di 7, 8, 9 e 10 anni, della scuola pubblica: l’anno prossimo, i vostri figli riceveranno a scuola un kit intitolato Lotta all’Omofobia. In realtà, è uno stimolo all’omosessualità, alla promiscuità. Questo kit contiene dei Dvd con due storielle. I vostri figli di 7 anni le vedranno l’anno prossimo, nel caso non rimediamo adesso…()…se un ragazzino ha una devianza di comportamento molto giovane, deve essere riportato sulla strada giusta, se necessario anche con dei ceffoni. Mi accusano di essere violento, ma non sono promiscuo, non sono una canaglia con le famiglie brasiliane!”.[i]

Queste parole sono state pronunciate al Congresso Brasiliano il 30 novembre scorso dal deputato Jair Bolsonaro, del Partito Progressista dello Stato di Rio de Janeiro. Bolsonaro è intervenuto per portare all’attenzione dei suoi colleghi deputati il progetto del Governo Lula (adesso Rousseff) di distribuire in seimila scuole pubbliche brasiliane del materiale audio e video che il governo chiama “kit per la lotta all’omofobia” e che è conosciuto tra i brasiliani con il nome di “kit gay”. Il progetto è già in uno stadio molto avanzato; il 23 novembre scorso si è tenuto, presso la Camera dei Deputati, il seminario “Scuola senza omofobia”, proposto dalle Commissioni dei Diritti Umani e Minoranze, Legislazione Partecipativa ed Educazione e Cultura. Durante il seminario sono stati trasmessi due film che fanno parte del “kit gay” in cui degli adolescenti raccontano le loro storie di “diversi”.

“Quello che vogliamo è che questo materiale non faccia l’apologia dell’omosessualità, ma che faccia l’apologia della cittadinanza e il rispetto dei diritti umani”, chiosa la voce fuori campo di Toni Reis, presidente della Abglt (Associazione brasiliana gay lesbiche trans), durante uno di questi video andati in onda alla Camera e prossimamente nelle scuole. Lo stesso fervente entusiasmo non hanno i brasiliani che un sondaggio dell’istituto Vox Populi del 5 dicembre scorso afferma “essere in maggioranza contro le unioni civili tra omosessuali e l’adozione da parte di coppie omosessuali…()…il 60% della popolazione crede che l’unione civile tra omosessuali non dovrebbe essere permessa in Brasile…()…quanto all’adozione dei bambini da parte di coppie omosessuali, il 61% sostiene che questo diritto non deve essere concesso”.

Purtroppo per i brasiliani, il governo sostiene Reis nella sua opera di “rieducazione” dei giovani scolari. La scuola riveste un ruolo di primo piano nel “progetto” dei due governi Lula e in quello attuale. Il Ministero dell’Educazione Brasiliano ha, a tale scopo, redatto un documento programmatico che si chiama “Orientamento Sessuale”; alcuni degli obiettivi dichiarati sono di insegnare agli alunni:

  • A rispettare la diversità di valori, credenze e comportamenti esistenti e relativi alla sessualità, riconoscendo e rispettando le diverse forme di attrazione sessuale e il loro diritto di espressione, garantita la dignità dell’essere umano;
  • a comprendere la ricerca di piacere come una dimensione salutare della sessualità umana;
  • identificare e ripensare tabù e preconcetti inerenti alla sessualità, evitando comportamenti discriminatori e intolleranti e analizzando criticamente gli stereotipi;
  • a riconoscere come determinazioni culturali le caratteristiche socialmente attribuite al maschile e femminile, prendendo una posizione contro le discriminazioni ad esse associate.[ii]

L’orientamento sessuale è già materia di insegnamento nelle scuole di primo grado[iii], ingenti somme sono state spese per formare gli insegnanti in questa disciplina, dal momento che prima non esistevano. Lo slogan dell’iniziativa è: “Scuola senza omofobia”. I bambini familiarizzano con concetti come “trasversalità”, “diversità”, ecc. Possiamo solo immaginare il “disorientamento” arrecato a dei bambini che provengono già da situazioni di estremo disagio.

C’è di più. Il famigerato “kit per gay” piace anche all’Unesco. Il 3 marzo c’è stato uno scambio di corrispondenza tra Reis e il direttore dell’Unesco in Brasile, Vincent Defourny. Quest’ultimo ha risposto che: ”questo insieme di materiali è stato concepito come strumento per incentivare il processo di formazione continua degli insegnanti…..()…poiché aumentano nel paese i casi di sofferenza di adolescenti gay, lesbiche, ecc..()…Siamo certi che questo materiale contribuirà alla riduzione dello stigma e della discriminazione, così come per promuovere una scuola più giusta e di qualità”.[iv]

La lettera di Defourny non è sorprendente. Bisogna considerare che proprio l’Unesco ha divulgato nel 2009 un documento dal titolo “International Guidelines to Sexual Education”, in cui si caldeggiano gli Stati ad inserire nei programmi scolastici rivolti agli alunni fra i 5 ed i 18 anni l’educazione sessuale, e si forniscono delle linee guida. Per esempio, si suggerisce la divisione in gruppi di età. Alcuni degli argomenti trattati sono: insegnare ad un bambino a “conoscere” il proprio sesso; imparare cosa è l’aborto; prendere coscienza che la famiglia può essere sia eterosessuale sia omosessuale; riconoscere che la sessualità non è sempre associata ai concetti tradizionali di maschile e femminile, ma che può cambiare a seconda del “contesto culturale” in cui è inserita[v].

Se consideriamo che i bambini di quell’età hanno una spiccata tendenza alla ricettività, ad immagazzinare i dati ricevuti, ad essere delle “spugne”, è evidente che questo progetto non è frutto dell’improvvisazione o dell’improvvidenza di una classe dirigente. Aggiungiamo che il Brasile ha un tasso di scolarizzazione tra i più bassi al mondo e l’istruzione pubblica non è all’altezza di quella privata; in questo scenario forse sarebbe stato più adeguato destinare degli investimenti pubblici per insegnare ai giovani brasiliani le materie di sempre (il portoghese, la storia, la geografia, la matematica, ecc) piuttosto che forgiare “l’uomo nuovo” brasiliano rieducandolo.     




[i] Il video integrale dell’intervento al Congresso Brasiliano è sul sito web del deputato http://www.bolsonaro.com.br/jair/
[ii] Documento “Orientaçao Sexual”, pagina 311, Ministero dell’Educazione brasiliano, http://portal.mec.gov.br/seb/arquivos/pdf/orientacao.pdf
[iii] Ovvero le scuole per gli alunni tra i 7 ed i 10 anni di età.

Povertà estrema: «Non avrei mai pensato che la situazione sarebbe peggiorata»

Antonio e Laurinete: cômodo sem banheiro, janela e com luz clandestina





Recife – Nella baracca di mattoni, senza finestre, senza bagno e senza gas vivono Antonio Barbosa de Freitas, 59 anni, sua moglie, Laurinete de Silva Feitosa, 43, e i figli Juan Deivison, de 8, e Rafaela, de 14. Lo spazio è esiguo, con pentole accatastate a terra, vestiti sparsi e dispensa vuota.


La branda che di notte usano Laurinete e la figlia è il posto di studi e svago durante il giorno. Juan e il padre dormono sul pavimento. Una televisione vecchia è l’unico intrattenimento della famiglia.
Laurinete riesce solo a disegnare il suo nome. Antonio ha fatto le elementari, sa leggere. Lui è stato operaio in una fabbrica di tessuti, in regola. Oggi non ha neppure i documenti. Li ha persi. «Non li ho cercati perché non li usavo, non servono» afferma. Rimane il libretto del lavoro, riposto da qualche parte, «ormai inutile». «Le fabbriche hanno chiuso, sono diventato vecchio, non ho più trovato un lavoro».

Antonio mantiene la famiglia facendo l’accattone. Ogni giorno esce di casa alle 4 e va per strada fino alle 14 raccogliendo cartone, plastica e metallo che vende in un deposito di materiale riciclabile vicino alla favela dove vive, nel quartiere Hipodromo, zona nord della città.

Al mese non riesce ad arrivare a 300 Reais (circa 130 Euro, nota della Redazione). Il carrello che usa glielo hanno prestato. Lui è orgoglioso di non avere mai ammesso «neanche pensato» la possibilità di diventare un emarginato. Anche se guadagna poco, ogni giorno porta qualcosa da mangiare alla famiglia, anche se è solo pane, racconta.

Antonio e Laurinete tentano di consolarsi dicendo che «c’è gente in situazioni ancora peggiori». Ma il tentativo di accettazione della vita miserabile, non toglie la frustrazione. «Quando vedo i miei figli desiderare le cose che non posso dare loro, sento che è perché sono un incapace», afferma Antonio che dice di essere depresso per non potere regalare alla figlia un computer o un videogioco al figlio - «le cose che loro desiderano di più».

Laurinete accarezza il sogno di avere una casetta migliore. Quando si è unita ad Antonio – lei è la terza moglie di lui, che ha già altri tre figli dalle prime due relazioni – immaginava che avrebbero fatto dei progressi nella vita. «Non avrei mai pensato che la situazione sarebbe peggiorata», dice triste. Riconosce che il marito lavora, ma questo non cambia le cose. «Soffro. Ma chi ha sofferto di più è stato Gesù Cristo».